2024 – Bilancio di un anno
Gennaio 6, 2025
Nel fare una riflessione e il rendiconto di un anno d’impegno quotidiano nella piazza del Mondo, è necessario essere consapevoli che il genocidio di Gaza disegna un nuovo orizzonte storico che ha il suo corrispondente in Italia nel cambiamento della struttura dello Stato che avanza ogni giorno con l’attuale governo, anche oltre i fatti legislativi, nel tentativo di cambiare l’opinione comune della gente.
L’opposizione sociale in Europa e, soprattutto, in Italia non sembra in grado di invertire questa rotta sociale, di cui la mortale rotta mediterranea, e anche quella balcanica, dei ‘nostri’ migranti, costituisce la metafora concreta. Questo è il presupposto storico ed emotivo del bilancio di quest’anno nella piazza del Mondo: se non se ne tiene conto, facciamo solo chiacchiere e gesti umanitari, perfettamente funzionali al processo in atto. È questo il nostro concreto rischio quotidiano.
Noi, invece, come sempre affermiamo, vogliamo fare azione politica, aiutando i migranti in transito dalla Rotta balcanica ad esercitare il loro diritto di andare dove vogliono fuori e oltre il diritto imposto dagli Stati. La piazza del Mondo si apre ogni sera nel neutro piazzale alberato, mero transito per la stazione ferroviaria, come un’isola di salvezza in una città istituzionalmente – ma anche socialmente – in prevalenza ostile o indifferente, ma consapevole che siamo utili per aiutare a smaltire un ‘carico umano’.
Attorno alla piazza, gravitano in maniera stabile diverse realtà, che nel bene e nel male si danno da fare per supportare le persone in movimento: ICS, San Martino al Campo, Diaconia Valdese, No Name Kitchen, IRC, DonK Humanitarian Medicine, ResQ, noi stessi assieme alla rete dei Fornelli Resistenti e tutte le persone e gruppi che arrivano da vicino e lontano per supportare l’attività. Impossibile non scordare qualcuno. Peraltro, da diverso tempo compare in piazza anche una piccola parte di cittadini di Trieste, proprio con la rete dei Fornelli resistenti. I Fornelli resistenti sono l’esempio più interessante di quello che la piazza del Mondo vorrebbe fare ed essere: un centro di resistenza e di azione etico-politica, concretamente volta a creare comunità sociale e politica, partendo dall’essenziale problematica di queste migrazioni di profughi, insieme figlie del passato coloniale e di un presente all’insegna di guerre e distruzioni, di una inesorabile distruzione ambientale e quindi messaggere di un futuro con cui dovremo fare i conti.
Evidentemente c’è uno scarto fra quel che concretamente facciamo tutti i giorni e l’importanza di ciò che i corpi offesi dei profughi comunicano, a loro insaputa in genere, ma che noi dobbiamo raccogliere e trasformare in consapevolezza politica. È questo il nostro compito che si esprime, appunto, nel tentativo di creare comunità, rompendo l’indifferenza non metaforicamente mortifera in cui stiamo vivendo: autentico veleno sociale che si diffonde ovunque, contro cui è difficile lottare come contro l’inquinamento dell’aria.
Vicino alla piazza, inoltre, nel Centro Diurno di via Udine gestito dall’associazione San Martino al Campo, è nata da più di due anni la Scuola d’Italiano Chaikhana, che è anche un luogo vivo di socializzazione, in cui diversi amici, giovani e meno giovani, incontrano i migranti tutte le mattine infrasettimanali, in un clima d’intensa solidarietà: l’apprendimento della lingua è una delle questioni centrali non solo per l’integrazione della persona, ma anche e soprattutto per il cambiamento in direzione dell’autodeterminazione e della libertà di realizzare il proprio progetto di vita.
La piazza del Mondo è anche il motore di uno slancio per muoverci nel paese a fare incontri in molti luoghi e situazioni, dalle scuole alle parrocchie, a organizzazioni sociali di base, con l’intenzione, appunto, di creare una rete comunitaria di cui c’è estremo bisogno, come di aria pura. L’articolazione fra ‘piazza’ e ‘luoghi’ è il respiro vitale di quel che cerchiamo di far crescere nell’ostile deserto del presente.
Importante è stato il passaggio di Carovana Abriendo Fronteras – uno dei più grandi gruppi di attivisti in Europa, in cui erano presenti anche alcune attiviste messicane -, che per tre giorni ha animato Trieste con la presenza di oltre duecento persone, che hanno attraversato la piazza, manifestato nel centro della città e davanti al CPR di Gradisca. Nel corso dell’anno, abbiamo consegnato diversi pacchi contententi generi alimentari, vestiti e prodotti per l’igiene alle persone detenute all’interno, assieme alla rete NoCpr.
Siamo peraltro consapevoli che anche nella piazza ci sono difficoltà relazionali. L’attività di piazza ha un aspetto peculiare, che notiamo anche su noi stessi: mette in luce i limiti della soggettività, il bisogno disperato di senso, forte come la sopravvivenza e mostra quindi tutta la fragilità dei rapporti personali. Anche di questo bisogna tener conto.
L’attività di piazza, insomma, è un impegno totale: fisico, psichico, valoriale. Inoltre, l’impegno quotidiano implica tutta una parte che non si vede, ma senza di cui, semplicemente, non potrebbe darsi: un pesante impegno burocratico, legato alla struttura dell’ODV; la quotidiana minuziosa preparazione del materiale necessario, da quello sanitario al vestiario, alle coperte e quant’altro; un impegno relazionale, legato alla costruzione e al mantenimento dei contatti con moltissime persone, gruppi e situazioni, sia indiretto, tramite internet, che diretto, fra cui importantissimi gli incontri con i giovani, scout e studenti. Questo è un aspetto essenziale: la piazza del Mondo è il centro e il punto di partenza per una scuola di vita, che s’innesta sul rapporto diretto con i testimoni della grande crisi che attraversa l’intero mondo, di cui i migranti sono gli inconsapevoli annunciatori. In questi anni abbiamo incontrato e discusso con alcune migliaia di scout e centinaia di studenti e stiamo continuando a farlo proprio in questi giorni.
Oltre alla piazza del mondo, e oltre il confine italo-sloveno, siamo andati a portare supporto alle persone in movimento anche in Bulgaria, al confine con la Turchia, sostenendo economicamente e partecipando alla missione del Collettivo Rotte Balcaniche, che si occupa di salvare persone in difficoltà nelle foreste, sottraendole alla violenza e ai respingimenti della polizia di frontiera e dell’esercito, e supportando poi le persone con distribuzioni di cibo e assistenza medica fuori dal campo della città di Harmanli. Si tratta di una missione politicamente rilevante, l’unica missione di salvataggio attuata in tutto il territorio balcanico, equiparabile – su una scala molto più ridotta – a quanto viene fatto da realtà più strutturate nel mare mediterraneo. Rimandiamo alle pagine del Collettivo per maggiori informazioni.
Bisogna ricordare, inoltre, l’impegno di un gruppo speciale, radunato nella sigla WWMIH, acronimo di We will make it happen: vogliamo che questo accada. Quest’associazione è molto importante per noi, perché attraverso le carte regalo Decathlon provvede, a seconda dei bisogni di piazza, ad acquistare i beni necessari ai nostri interlocutori, risparmiandoci un notevole lavoro.
Da ricordare, inoltre, anche l’essenziale sostegno di tante associazioni, gruppi di amici e singoli, senza di cui non potremmo durare un giorno e con cui cerchiamo di costruire futuro. Non possiamo trascurare, in fine, i libri: Il diritto di Antigone di Gian Andrea Franchi, presentato in vari incontri. Fra breve dovrebbe uscirne un altro, intitolato Per un comunismo della cura. E, inoltre La rivoluzione della cura di Massimo Orlandi, incontrato alla fraternità di Romena, di cui è coordinatore.
Linea d’Ombra, inoltre, aderisce alla Carta della Rete per la libertà di movimento, che riunisce diversi gruppi di attivisti in tutta italia dal sud ai confini orientali e occidentali di ingresso e di uscita verso gli altri paesi europei. Si tratta di un’esperienza importante che tende a creare una connessione organica tra i numerosi gruppi d’intervento con i migranti a tutti i livelli: informazione, aiuto materiale, elaborazione di un pensiero comune su una problematica fondamentale che ci parla del futuro del mondo..
Per concludere: nel corso dell’anno ci siamo curati, insieme alla rete di realtà e persone che operano attorno a Piazza Libertà, di oltre 15.000 vite migranti, assistendole con cure sanitarie, scarpe, abbigliamento, giacche, zaini, coperte, sacchi a pelo. Il verbo ‘curare’, nel nostro contesto, non è un’espressione ovvia, ma allude al fatto fondamentale per cui la cura dell’altro – unico modo di curarsi veramente di sé – deve essere la base di forme di associazione politica radicale, necessarie nei tempi di violenza senza limiti che stiamo vivendo – radicale in senso letterale: toccare le radici del vivere insieme, oggi devastate.